Il primato della carità significa tutto non solo in campo morale, ma anche nella ontologia della persona in Cristo: «se non ho la carità, non sono niente» (1Cor 13,2).
La carità non è opera dell’uomo, ma dono della carità di Dio. E’ accoglienza e fedeltà della libertà che «ricerca la carità» (1Cor 14,1) e «cammina nella carità» (Ef 5,2).
L’essere e l’esistere cristiano procedono da questa corrispondenza fedele all'amore di Dio.
La carità è la verità ontologica del cristiano: amo ergo sum. Sono perché sono nell'amore.
Essere è amare e amare è essere: «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1Gv 3,14).
Il cristiano «dimora nella carità» (Gv 15,9‑10; Ef 1,4; 1Gv 4,16): espressione questa che parla dell'inerenza ontologica ed morale
- nell'amore di Dio: «Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1Gv 4,16);
- nell'amore di Cristo: «Rimanete in me e io in voi: come il tralcio nella vite... Rimanete nel mio amore» (Gv 15,4.9).
La carità è la permanenza ontologica ed morale nell'amore di Dio in Cristo, che coinvolge tutto l'esistere e coesistere cristiano.
La carità risponde al progetto eterno di Dio della nostra elezione e vocazione in Cristo ad «essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità» (cf Ef 1,4).
Questo essere nella carità di Dio in Cristo dona a tutta l’esistenza cristiana valenza di eternità. E’anticipazione e pegno dell'eternità. «Chi potrà mai separarci dall'amore di Cristo?» (Rm 8,35), si domanda l'Apostolo, e nella certezza di questo indefettibile amore professa la sua speranza: «Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38‑39).
Nel tempo dell’uomo tutto è relativo e destinato a finire, anche le condizioni e le prerogative più sublimi e privilegiate: «Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà» (1Cor 13,8b).
Solo la carità è per sempre: «La carità non avrà mai fine» (1Cor 13,8a).
Si tratta della carità di Dio in noi e da noi vissuta come sua volontà: «Il mondo passa... ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno» (1Gv 2,17).
Proprio perché amore di Dio, che ha Dio come origine e fine, la carità non passa mai.
Per quanto piccola e nascosta agli occhi degli uomini, la carità varca i confini del tempo e decide dell’esistenza.
Agli occhi di Dio ha valore di eternità il bicchiere d'acqua dato all'assetato (cf Mt 10,42): gesto emblematico per Gesù, come quelli enunciati nella descrizione del giudizio finale (cf Mt 25,35), di gratuito amore di Dio nel prossimo.
Sono atti irrilevanti e trascurabili dalla cronaca profana, ma pieni di amore di Dio e perciò decisivi per la salvezza (cf Mt 25,31‑46).
La carità è l'essenziale della vita: ciò che «conta» veramente, perché conta per l'eternità (cf Gal 5,6). Noi siamo realmente ciò che siamo nella carità.
Ne consegue che essa diviene il criterio e il metro di giudizio ultimo (cf Mt 25,34‑36). Di qui il compito di «crescere e abbondare nella carità» (1Ts 3,12; cfr. 2Ts 1,3).
Solo in ragione della sua intensità e ricchezza, possiamo diventare «integri e irreprensibili per il giorno di Cristo» (Fil 2,9‑10).
La carità è un movimento d'amore che nasce da Dio e a lui ritorna, assumendo in profondità tutta la nostra esistenza.
A causa di essa tutto prende senso e valore, il senso e il valore della comunione salvifica, illuminata dalla fede e anticipata nella speranza.
La carità non è opera dell’uomo, ma dono della carità di Dio. E’ accoglienza e fedeltà della libertà che «ricerca la carità» (1Cor 14,1) e «cammina nella carità» (Ef 5,2).
L’essere e l’esistere cristiano procedono da questa corrispondenza fedele all'amore di Dio.
La carità è la verità ontologica del cristiano: amo ergo sum. Sono perché sono nell'amore.
Essere è amare e amare è essere: «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1Gv 3,14).
Il cristiano «dimora nella carità» (Gv 15,9‑10; Ef 1,4; 1Gv 4,16): espressione questa che parla dell'inerenza ontologica ed morale
- nell'amore di Dio: «Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1Gv 4,16);
- nell'amore di Cristo: «Rimanete in me e io in voi: come il tralcio nella vite... Rimanete nel mio amore» (Gv 15,4.9).
La carità è la permanenza ontologica ed morale nell'amore di Dio in Cristo, che coinvolge tutto l'esistere e coesistere cristiano.
La carità risponde al progetto eterno di Dio della nostra elezione e vocazione in Cristo ad «essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità» (cf Ef 1,4).
Questo essere nella carità di Dio in Cristo dona a tutta l’esistenza cristiana valenza di eternità. E’anticipazione e pegno dell'eternità. «Chi potrà mai separarci dall'amore di Cristo?» (Rm 8,35), si domanda l'Apostolo, e nella certezza di questo indefettibile amore professa la sua speranza: «Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38‑39).
Nel tempo dell’uomo tutto è relativo e destinato a finire, anche le condizioni e le prerogative più sublimi e privilegiate: «Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà» (1Cor 13,8b).
Solo la carità è per sempre: «La carità non avrà mai fine» (1Cor 13,8a).
Si tratta della carità di Dio in noi e da noi vissuta come sua volontà: «Il mondo passa... ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno» (1Gv 2,17).
Proprio perché amore di Dio, che ha Dio come origine e fine, la carità non passa mai.
Per quanto piccola e nascosta agli occhi degli uomini, la carità varca i confini del tempo e decide dell’esistenza.
Agli occhi di Dio ha valore di eternità il bicchiere d'acqua dato all'assetato (cf Mt 10,42): gesto emblematico per Gesù, come quelli enunciati nella descrizione del giudizio finale (cf Mt 25,35), di gratuito amore di Dio nel prossimo.
Sono atti irrilevanti e trascurabili dalla cronaca profana, ma pieni di amore di Dio e perciò decisivi per la salvezza (cf Mt 25,31‑46).
La carità è l'essenziale della vita: ciò che «conta» veramente, perché conta per l'eternità (cf Gal 5,6). Noi siamo realmente ciò che siamo nella carità.
Ne consegue che essa diviene il criterio e il metro di giudizio ultimo (cf Mt 25,34‑36). Di qui il compito di «crescere e abbondare nella carità» (1Ts 3,12; cfr. 2Ts 1,3).
Solo in ragione della sua intensità e ricchezza, possiamo diventare «integri e irreprensibili per il giorno di Cristo» (Fil 2,9‑10).
La carità è un movimento d'amore che nasce da Dio e a lui ritorna, assumendo in profondità tutta la nostra esistenza.
A causa di essa tutto prende senso e valore, il senso e il valore della comunione salvifica, illuminata dalla fede e anticipata nella speranza.