5. Essere nella carità: ontologia dell'essere in Cristo
Dio, il Padre, ci ha scelti in Cristo per «essere nella carità» (Ef 1,3‑4). Creato e ri‑creato in Cristo Gesù, l'uomo porta in sé l'impronta dell’amore di Cristo.
Cristo dall'eternità è il Figlio che si riceve dal Padre e a lui si offre nella comunione dello Spirito Santo. Egli ha il volto dell'amore accogliente e offerente. Non l'essere‑in‑sé e per‑sé ma l'essere‑con e per identifica la persona di Gesù[1].
Prima ancora che atto di libertà morale, la carità di Cristo è espressione ontologica di coessere e pro‑essere[2].
Egli esiste in sé come apertura e dono di sé[3]. In Gesù si manifesta il volto estatico di Dio[4].
In lui noi riconosciamo e professiamo che Dio è amore, in lui siamo creati dall'amore e nell'amore.
L'amore non è solo il compito e lo scopo della nostra vita ma il costitutivo dell'essere‑in‑Cristo[5].
Il carattere impresso dal battesimo in noi è l'impronta ontologica dell'amore trinitario e pasquale (cf Mt 28,19; Rm 6,3‑4; Col 12,12). Diventare figli di Dio è essere costituiti nell'amore di Dio (cf 1Gv 4,16). «Secondo san Giovanni "colui che ama" è equivalente a "colui che è generato da Dio" (1Gv 4,6; 5,18)»[6]. «Dio è carità» (1Gv 4,8.16): essere generati da Dio è partecipare di questa sua natura (cf 2Pt 1,4), che perciò diventa l'essenza, la vita stessa dei figli di Dio.
5.1 Ontologia ecclesiale
L'ontologia di carità dell'uomo nuovo in Cristo è per se stessa una ontologia ecclesiale. Dio ama l'uomo convocandolo in comunione di carità. L'essere d'amore che lui gli dona lo relaziona a sé nell'amore e lo relaziona a tutti gli esseri da lui amati.
Egli rapporta l’uomo a sé in comunione e comunità interumana d'amore: «Dio creò gli uomini non perché vivessero individualisticamente, ma destinati a formare l'unione sociale»[7]. L'uomo esprime già nell'ordine della creazione una natura e vocazione comunionale all'intersoggettività e alla socialità[8]: «Dio, che ha cura paterna di tutti, ha voluto che gli uomini formassero una sola famiglia» (GS n. 24)[9].
Questa famiglia è l'universale convocazione umana che «prefigura fin dal principio del mondo» la Chiesa di Cristo[10].
La dimensione di popolo è costitutiva dell'uomo‑partner dell'alleanza redentrice divina.
Questa natura comunionale e comunitaria «è perfezionata e compiuta dall'opera di Cristo Gesù[11].
In questo corpo noi diventiamo, osserva sant'Agostino, commentando 1Gv 5,1b‑2a e 1Gv 4,20b, un unico figlio di Dio: «I figli di Dio sono il corpo del Figlio unico di Dio. E come lui è il capo, noi le membra, non vi è che un unico Figlio di Dio»[12].
L'essere di amore del cristiano è per se stesso un essere ecclesiale.
L'amore procedente dal Padre per il Figlio nello Spirito è un amore ecclesiale: amore che redime, unendo in comunione e comunità redenta.
La Chiesa è la comunità dei redenti, procedente dalla carità trinitaria[13]. Essa è la carità di Dio «che ha preso corpo nella storia»[14], la «istituzione operante nell'amore»[15].
La Chiesa è per l'uomo icona della Trinità[16]: «sacramento visibile di unità salvifica»[17], «segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano»[18].
Il cristiano è nella carità perché è nella Chiesa. Nella Chiesa il cristiano vive la carità trinitaria[19].
5.2 Ontologia eucaristica
Questo essenza trinitaria della Chiesa ha nell'eucaristia l'espressione più alta ed efficace: «La comunione della vita divina e l'unità del popolo di Dio, su cui si fonda la Chiesa, è adeguatamente espressa e mirabilmente prodotta dall'eucaristia»[20].
L'eucaristia è il sacramento della comunione trinitaria che costituisce la Chiesa[21]. Essa è comunione nel corpo e nel sangue di Cristo con il Padre, per l'azione consacrante e unificante dello Spirito[22].
Ora tutti coloro che, mangiando lo stesso pane e bevendo allo stesso calice, sono in comunione trinitaria con Dio, lo diventano ecclesialmente tra loro[23].
«Segno di unità e vincolo di carità»[24], l'eucaristia approfondisce e struttura l'essere battesimale del cristiano come essere ecclesiale di comunione con Dio e con i figli di Dio. Per essa il cristiano è costituito in comunione di carità: egli è un essere di comunione.
Questa dimensione comunionale non è secondaria, aggiuntiva o accidentale, né puramente etica: è dimensione costitutiva, ontologica della vita cristiana.
Gesù, venuto per «riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,52), redimerli dalla divisione e dispersione del peccato, nella comunità di salvezza della nuova e definitiva alleanza, nell'ora suprema e decisiva prega il Padre (cf Gv 17) perché tutti «siano uno» (vv. 11.21.22), finalizzando così la sua missione salvifica.
Questa duplice comunione è costituita dallo stesso e unico amore: «L'amore col quale mi hai amato sia in essi» (v. 26). Questo amore in noi è il principio costitutivo del nostro essere amore come essere di comunione con Dio e tra noi.
[1] Cf KASPER W., Introduzione alla fede, Brescia 1979, p. 142.
[2] Cf BORDONI M., Gesù di Nazareth, op. cit., vol. I, pp. 151‑152; 215‑220, vol. II, pp. 451‑454; La dimensione della carità, op. cit., pp. 83‑95.
[3] BORDONI M., La dimensione della carità, op. cit., p. 86.
[4] BORDONI M., Gesù di Nazareth, op. cit., vol. I, p. 179.
[5] SPICQ C., Charité et liberté selon le Nouveau Testament, Parigi 1964, p. 44.
[6] Ivi, p. 38.
[7] Gaudium et Spes, 32, in Ench. Vat., 1, 1418.
[8] Cf COZZOLI M., Essere è co‑essere. La natura e la vocazione sociale della persona, in L'etica tra quotidiano e remoto, Bologna 1984, pp. 69‑94. «L'uomo per la sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti» (Gaudium et Spes, 12, in Ench. Vat., 1, 1358).
[9] Gaudium et Spes, 24, in Ench. Vat., 1, 1393.
[10] Cf Lumen gentium, 2, in Ench. Vat. 1, 285.
[11] Gaudium et Spes, 33, in Ench. Vat., 1, 1419.
[12] S. Agostino, Tractatus in Epistolam Joannis ad Parttos, X, 3; PL 35, 2055.
[13] S Cipriano, Liber de oratione dominica, 23; PL 4, 553, cit. da Lumen gentium, 4, in Ench. Vat., 1, 287.
[14] WARNACH V., Amore, in Dizionario teologico, op. cit., vol. I, p. 57.
[15] BORDONI M., Gesù di Nazareth, op. cit., vol. I, p. 219.
[16] Cf FORTE B., La Chiesa icona della Trinità. Breve ecclesiologia, Brescia 1984.
[17] Lumen gentium, 9 in Ench. Vat., 1, 310.
[18] Lumen gentium, 1 in Ench. Vat., 1, 284.
[19] CODA P., Per una ontologia trinitaria, op. cit., p. 72.
[20] Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione «Eucaristicum mystenum» sul culto del mistero eucaristico (25 maggio 1967), 6, in Ench. Vat., 2, 1306.
[21] «Ogni volta che, in obbedienza al comando del Signore, la Chiesa celebra il Suo memoriale, la morte e la risurrezione di Cristo eventi unici e irripetibili, vengono resi presenti nella comunità celebrante, e nello Spirito la presentano al Padre, perché dal Padre vengano in abbondanza, per il sacrificio del Figlio, l'effusione creatrice e riconciliatrice del Paraclito. Nel memoriale eucaristico la Trinità passa nella Chiesa, e la Chiesa passa nella Trinità: il movimento dell'amore trinitario viene a suscitare e ad assumere il dinamismo dell'amore ecclesiale» (FORTE B., Trinità come storia, op. cit., p. 197).
[22] Azione di grazie al Padre, memoriale della Pasqua del Figlio, invocazione dello Spirito (epiclesi): la stessa struttura che la liturgia della Chiesa ha dato alla preghiera eucaristica manifesta lo stretto e fecondo rapporto Trinità‑eucaristia (cf Ivi, pp. 197‑200).
[23] Cf Conferenza Episcopale Italiana, Evangelizzazione e testimonianza della carità. Orientamenti pastorali per gli anni '90 (8 dicembre 1990), 17.
[24] Sacrosanctum Concilium, 47, in Ench. Vat., 1, 83. Cf S. Agostino, In Joannis Evangelium Tractatus, XXVI, 6, 13; PL 35, 1613.
martedì 8 aprile 2008
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