2. Una sola carità
Definire con San Tommaso la carità come «amicizia dell'uomo con Dio» è rilevarne la natura ontologica e quella morale: riconoscerla, cioè, come modo di essere e dover‑essere. Chiamando l’uomo per mezzo di Cristo, nello Spirito, alla comunione trinitaria, Dio lo abilita alla carità teologale.
La carità ontologica trinitaria è l'origine e la fonte della carità morale. Dire con Giovanni che «la carità è da Dio» (1Gv 4,7) vuol dire che essa ci fa capaci di quell'amore con cui Dio ci unisce in modo filiale a sé. La stessa carità mi fa essere in comunione filiale con Dio e mi induce ad amare[1].
La carità è amore per Dio: amore con cui l'uomo assente alla carità di Dio[2]. Si tratta della prima esigenza della «legge», espressione di fedeltà all'elezione e alleanza divina (cf Dt 6,5), indicata da Gesù come il «primo» comandamento, che assorbe interamente l'uomo, impegnandolo totalmente: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza» (Mc 12,30).
L'oggetto di questo amore, incomparabile nel suo assoluto valore, polarizza la libertà in modo unico e pieno: «L'uomo deve amare Dio al di sopra di tutto e appartenergli totalmente»[3].
Si tratta un «amore di adorazione e di appartenenza esclusiva (cf Mt 6,24): amare Dio, è essergli consacrato e servirlo fedelmente»[4].
I salmi cantano questo amore: «Ti amo, o Signore, mia forza» (Sal 18,2); «Amo il Signore, perché ascolta la voce della mia preghiera» (Sal 116,1). E invitano ad amare Dio: «Amate il Signore, voi tutti suoi santi!» (Sal 31,24). Nei profeti quest'amore assume la forma della fedeltà della sposa, del figlio, della pecorella, al Dio che si offre come sposo, padre e pastore.
Nel Nuovo Testamento «l'amore per Dio» (2Ts 3,5) è sintonizzato dallo Spirito sull'amore del Figlio per il Padre (cf Gv 14,31): «Abbiamo ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!» (Rm 8,15; cf Gal 4,4.6).
La carità è amore filiale al Padre. In quanto il volto del Padre risplende sul volto del Figlio, e il suo amore ci è donato nel Figlio, l'amore per Dio è anche amore per Cristo e per entrambi in uno (cf Mt 10,37; Lc 14,26; Gv 21,15‑17; 1Cor 16,22; Ef 6,24; 1Gv 5,1).
L'amore primario per Dio prende forma nella preghiera, in tutte le sue espressioni. Pregare è porsi in dialogo tematico d'amore con Dio.
Al tempo stesso la carità di Dio in noi è amore per il prossimo. L'amore per Dio e per il prossimo costituiscono per Giovanni un solo comandamento divino (cf 1Gv 4,21). In Luca esprimono l'esigenza unica per ereditare la vita (cf Lc 10,25‑28). Per Matteo il precetto della legge mosaica: «Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Lv 19,18) è comandamento «simile al primo»: dunque allo stesso livello dell'amore per Dio e a esso indivisibilmente congiunto, talché da entrambi insieme «dipende tutta la legge e i profeti» (cf Mt 22, 34‑40).
Per Marco le due esigenze della legge insieme costituiscono il «comandamento più importante» e la garanzia di appartenenza al regno (cf Mc 12, 28‑34).
Amicizia dell'uomo con Dio, la carità è relazione amorosa con Dio e con tutti i chiamati alla comunione con lui. In questo con essere d'amore trinitario, noi siamo costituiti in Cristo nella comunione spirituale non solo con il Padre ma con tutti i figli del suo amore. Per cui un'unica carità unisce e induce ad amare Dio e i figli di Dio. La carità di Dio in noi è amore filiale e fraterno.
Non ci sono due carità, perché una è la carità di Dio, che ci pone in comunione di essere e di agire con Dio e con i figli di Dio. «La carità che ama il prossimo, scrive Sant'Agostino, non è diversa da quella che ama Dio. Non c'è una seconda carità. Con la stessa carità con la quale amiamo il prossimo amiamo anche Dio»[5].
L'unica carità è in noi principio dell'amore di Dio e del prossimo. Indivisibilmente: l'uno non senza l'altro, così che non si dà amore per l'uomo senza Dio, né si dà amore per Dio a prescindere dall'uomo.
2.1. Non si dà amore per l'uomo senza Dio
Anzitutto, non si dà amore per l'uomo senza Dio. In Dio s'illumina il mistero dell'uomo: se ne comprendono il valore e le esigenze di rispetto e di relazione che suscita. In Dio egli è per me altro, prossimo, fratello e perciò amabile e doverosamente tale, dell'amabilità disinteressata ed esigente del vangelo.
La teologia s'è espressa a riguardo affermando che la carità ama il prossimo in Dio e per amore di Dio. Ciò significa che Dio, e il suo amore, oltre che origine e fonte, è motivo e fondamento dell'amore del prossimo. Questi consistono nella paternità di Dio che nel Figlio rende suoi figli gli uomini, unendoli a sé col dono e nella comunione dello Spirito Santo.
In questa comunione trinitaria io sono in relazione a Dio con tutti i figli di Dio. Questi mi appartengono e tale appartenenza definisce come carità la mia relazione a essi: io li amo perché Dio li ama come ama me, unendoci a sé (come suoi figli) e tra noi (come fratelli).
Quest'amore di Dio, che ci relaziona a lui e tra noi, muove la nostra carità vicendevole: «Se Dio ci ha amati, così argomenta Giovanni, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri» (1Gv 4,11): l'amore originario e primario di Dio è il motivo fondante ed esigente la carità fraterna.
Non abbiamo ancora corrisposto alla carità di Dio per noi, con il solo amore per Dio. È sorprendente e significativo che Giovanni, dall'amore di Dio per noi, non derivi espressamente, come ci saremmo aspettati, l'esigenza di amare Dio, ma quella di amarci tra noi. Così come lo stesso Giovanni, parlando del comandamento nuovo, lo formula non come amore di Dio e del prossimo, ma soltanto come amore del prossimo (cf Gv 13,34), così da diventare questo «il» comandamento (cf Gv 15,12; 1Gv 3,11.23), l'unico comandamento (cf Gv 15,19; 2Gv 5).
Ugualmente Paolo, quando riassume nell'amore del prossimo tutta la legge (cf Gal 5,14), e Giacomo quando ne fa «il più importante dei comandamenti» (Gc 2,8). Ora, questa condensazione della carità nell'amore del prossimo non significa minimizzazione, dimenticanza o subordinazione dell'amore di Dio, ma persuasione e considerazione teologale dell'amore del prossimo.
Questo non è un'opportunità dettata da sentimenti, convenienze o convenzioni, ma esigenza dell'amore di Dio per noi ed espressione della nostra fedeltà e gratitudine a Dio: l'amore per il prossimo s'iscrive nel dialogo d'amore che ci unisce a Dio.
Per Giovanni, chi ama il prossimo è nell'economia dell'amore di Dio e non prescinde da Dio: «Amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio. Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio... Perché Dio è amore» (1Gv 4, 7‑8). Questo significa che chi ama veramente, proprio perché ama veramente, è in relazione filiale con Dio e ne fa l'esperienza, perché Dio è amore; e l'amore quando c'è ed è vero è da Dio[6].
E’ per questo che chi ama veramente è in Dio e ama per amore e con l'amore di Dio. L'amore evangelico del prossimo è sostenuto e motivato da Dio e dal suo amore. Non si ama per piacere o per hobby; si ama per fede, riflessa o irriflessa, tematica o atematica, nell'Amore che muove il nostro amore per gli altri e ritorna sempre a lui[7]. Dio è sempre il motivo ispiratore e intenzionale dell'amore, quale che sia la coscienza che l'uomo ne ha[8].
Non si dà un amore ateo o agnostico del prossimo: non sarebbe vero amore[9] e amore secondo il vangelo; in una parola, non sarebbe carità. Secondo Paolo si possono distribuire tutte le proprie ricchezze ai poveri e tuttavia non avere la carità (cf 1Cor 13,3).
[1] MAGGIONI B., La prima lettera di Giovanni, Assisi 1984, p. 162.
[2] GATTO S., Carità, in Dizionario del concilio ecumenico Vaticano secondo, Roma 1969, p. 676).
[3] MAGGIONI B., La prima lettera di Giovanni, op. cit., p 168.
[4] SPICQ C., Charité et liberté, op. cit., p. 40.
[5] S. Agostino, Sermo 265, VIII, 9; PL 38, 1223.
[6] Cf PRETE B., Lettere di Giovanni, Roma 1973, p. 85.
[7] S. Agostino, De Trinitate, VIII, 8, 12 PL 42, 958.
[8] RAHNER K., Unità dell'amore di Dio e del prossimo, in Nuovi saggi, op. cit., vol. I, p. 394).
[9] E’ in Dio e nel suo amore che l'amore è vero e perciò incondizionato, universale e totale: Dio è in tutto ciò che di assoluto c'è nell'amore, ed è in lui che l'amore è tale.
sabato 12 aprile 2008
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