La vita teologale:
esistenza di fede, carità e speranza
1. Introduzione
Il cristiano, partecipe della natura divina, è non solo costituito nella vita teologale, ma è anche abilitato a realizzare la novità di vita che da essa consegue.
Si tratta di abilitazione della libertà, che l'uomo è, per raggiungere la comunione trinitaria.
Il cristiano, infatti, riceve da Dio non solo l'essere ma anche la capacità di agire: «E' Dio che suscita in voi il volere e l'operare» (Fil 2,13).
E' l'azione interiore dello Spirito, che plasma e conforma la libertà, principio e facoltà del volere e dell'operare, ad abilitare al vissuto propriamente teologale.
Ciò avviene per il dono delle virtù teologali, che sono: la fede, la speranza e la carità: Essi investono l'uomo e gli danno la possibilità di realizzare la vita nuova in Cristo. Perché siamo come afferma Paolo: «Rivestiti della corazza della fede e della carità, avendo come elmo la speranza» (1Ts 5,8).
2. La specificità teologale
Fede, speranza e carità sono i modi specifici e tematici della vita teologale, perché esprimono l'inscindibilità e la caratteristica della sua essenza dinamica.
Inscindibilità perché fede, speranza e carità definiscono unitariamente la vita cristiana come vita teologale. Esse, cioè, sono espressione dell'unica libertà per Dio.
Questo concetto era espresso dalla teologia tradizionale nell'affermare che esse hanno Dio come unico e medesimo oggetto materiale. Per cui nessuna di esse può sussistere senza le altre, le tre virtù teologali o sussistono insieme o insieme vengono meno.
E' inconcepibile, per esempio, e insignificante una speranza non credente, una fede che non ama, una carità senza speranza.
La libertà per Dio è una e indivisibile nella sua triplice espressione. Infatti la fede, la speranza e la carità si distinguono, affermano e comprendono più per la loro inscindibile unità che per la loro distinta unicità.
L'unità di fede, speranza e carità corrisponde all'unità dell'evento cristologico fondante[1]. Questo, infatti, si offre all'uomo come rivelazione del mistero di Dio per noi, amore che si autocomunica nel dono supremo di Cristo, e diviene promessa del compimento escatologico.
All'unità dell'evento cristologico l'uomo acconsente:
- con una libertà indivisibile di fede in risposta all'autorivelazione di Dio in Cristo,
- speranza in risposta alla promessa del veniente regno di Dio,
- carità in risposta all'amore massimamente donante e donato,
La vita teologale è inscindibile pur nella sua distinzione triadica. Fede, speranza e carità esprimono la vita teologale secondo una modalità di relazione a Dio in Cristo propria e specifica di ciascuna:
- la fede come virtù di relazione conoscitiva,
- la speranza come virtù di relazione tensionale,
- la carità come virtù di relazione comunionale.
Modalità queste che sono rapportabili alla triplice autoidentificazione di Cristo: «verità», «vita» e «via» (Gv 14,5).
Cristo si offre all'uomo:
- nella fede come verità rivelativa del disegno salvifico di Dio;
- nella speranza come via che conduce alla piena e definitiva realizzazione in Dio;
- nella carità come vita di comunione pasquale alla pienezza di Dio.
In sintonia con ciò la teologia tradizionale parlava di un diverso oggetto formale per ciascuna delle tre: Dio incontrato, conosciuto e accolto secondo tre aspetti diversi. Sono tre modi correlativi alle tre coordinate strutturali e decisive dell'esistere umano: conoscenza, comunione, tensione.
Nella risposta alle quali Dio si fa in Cristo salvezza dell'uomo e l'uomo è se stesso in Dio.
Esse sono, dunque, virtù teologali perché hanno Dio come oggetto immediato[2], nel triadico modo di rapportarsi a lui in Cristo e viverne la comunione.
Esse sono, come si diceva un tempo, tensione verso Dio. Inoltre, perché hanno Dio come loro principio fontale e animatore[3], esse provengono da Dio.
E' Dio che opera la cristificazione del nostro essere per l'azione spiritualizzante dello Spirito.
Fede, speranza e carità sono espressione e frutto dell'azione dello Spirito in noi, la quale realizza la nostra conformazione ontologica e dinamica al Cristo (cf Gal 2,20; Ef 1,21).
Ne segue che:
- il suo ascolto testimoniante del Padre diventa nostra fede,
- il suo abbandono e ritorno al Padre diventa nostra speranza.
- il suo amore per il Padre e i fratelli diventa nostra carità,
Il cristiano dunque crede, spera e ama non con una propria fede, speranza e carità, bensì con la fede, la speranza e la carità di Cristo in noi.
- La Fede effonde dal nostro essere in Cristo la Parola del Padre;
- La speranza effondo il Risorto.
- La carità effonde l'Amore incarnato.
In esse perciò si esprime compiutamente e specificamente la vita in Cristo, per cui si può dire che la vita cristiana è esistenza di fede, speranza e carità.
Ogni altra determinazione non aggiunge sostanzialmente nulla, ma ne è solo una particolare specificazione.
[1] Cf CASALE U., L’avventura della fede. Saggio di teologia fondamentale, Torino 1988, 136.
[2] Ogni virtù è specificata dal suo oggetto, che è un valore morale finito per le virtù umane. Esempio: la verità per la sincerità, il diritto per la giustizia, la vita per la non violenza. E’ il valore sommo, Dio, per le virtù teologali.
[3] A differenza delle virtù umane che sono acquisite per esercizio umano, le virtù teologali sono infuse per grazia di Dio.
giovedì 21 febbraio 2008
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