giovedì 10 febbraio 2011

1.2. MORALE DEI PADRI parte seconda

1. La grandi tradizioni

All’inizio del II° secolo hanno inizio le cosiddette "tradizioni patristiche". Sono tradizioni e correnti che, per la loro peculiarità, costituiscono un capitolo dell’unica tradizione cristiana.
Le principali correnti o tradizioni patristiche sono: la tradizione asiatica a cui appartiene Ireneo di cui abbiamo già parla, la tradizione nordafricana, la tradizione orientale o siriaca di cui fanno parte Efrem, Afraate, e la tradizione alessandrina.

2. Moralisti nordafricani

Il Nordafrica subisce una notevole romanizzazione. Il cristianesimo si radica soprattutto su questa cultura. Il contributo della comunità nordafricana, il cui centro è Cartagine, alla riflessione morale cristiana è molto importante.
Prima del concilio di Nicea la cristianità africana costituisce una unità storica. Dall'anno 180, che col martirio degli Scillitani, segna il primo avvenimento della sua storia, fino all'anno 313 la chiesa d'Africa visse in un mondo dove la persecuzione o era sempre presente o rappresentava una minaccia.
Il principale rappresentante della scuola e senz’altro Tertilliano, seguito da Cipriano e dai due laici Lattanzio e Arnobio.
Le caratteristiche fondamentali di questi scuola sono: la concezione morale cristiana è fatta per schemi latini; la tendenza marcatamente rigorista; l’impostazione e la soluzione dei problemi morali del cristiano nella sua relazione con il mondo.
La chiesa africana tiene in massima considerazione il martirio, vivendo in uno stato di continua persecuzione. Con la tradizione morale africana nasce il primo abbozzo di morale casistica.

3. Tertulliano (160-220)

E’ il più importante dei moralisti cristiani del III secolo. Si converte al cristianesimo dopo aver ottenuto una solida formazione giuridica romana. La sua attività letteraria è imponente. Dai suoi scritti si evince un carattere impetuoso e energico. Inizia a scrivere in latino e, dopo Agostino, e il più originale e qualificato scrittore ecclesiastico latino.
Ha scritto opere apologetiche (Apologeticum) e polemiche (Adversus Marcionem), come pure trattati di disciplina ecclesiastica, di ascetica e di morale.
Tra i temi morali trattati in forma monografica vanno ricordati: gli spettacoli o giochi pubblici al circo, allo stadio o all’anfiteatro (De spectaculis); la moda femminile (De cultu feminarum); la castità e la verginità; la modestia; il servizio militare; il matrimonio.
E’ difficile riscontrare in lui i principi di una morale fondamentale. Riferimenti alle condizioni dell'agire umano, al senso della legge, al ruolo della coscienza appaiono solo incidentalmente, dato che la maggior parte dei suoi scritti risponde a situazioni particolari.
Tertulliano fu un rigorista. Questo suo rigorismo andò sempre più accentuandosi in connessione col suo passaggio, verso il 207, al montanismo, un movimento apocalittico che esigeva dai suoi adepti esigenze estreme.

4. Cipriano di Cartagine (m. 258)

S. Cipriano (m. 258), vescovo di Cartagine, procuratore romano si convertì al cristianesimo in età adulta. Fu pastore e martire. Di carattere moderato, antitetico a Tertulliano.
I suoi scritti, costituiti soprattutto dalle lettere sono una continuazione delle sue catechesi. Trattano della preghiera, delle sue prerogative e della sua necessità, dell'abito delle vergini, del vantaggio della pazienza e della dolcezza, delle buone opere e dell'elemosina, della gelosia e dell'invidia.
Cipriano ha elaborato concezioni del martirio e della verginità che sono importanti per la vita cristiana, ma non ha strutturato una morale fondamentale, perché i suoi principi appaiono unicamente nel contesto di problemi concreti.
Tuttavia come pastore dava facilmente consigli sui diversi stati della vita cristiana e sulle virtù che i cristiani dovevano praticare.
Muore martire attorno al 258.

5. Lattanzio (250-327)

Nato a Cartagine nel 250 circa, fu allievo di Arnobio (m. 327), che seguì anche nella conversione al cristianesimo. Fu nel 317 insegnante di retorica di Crispo, figlio dell’imperatore Costantino (280-337). Va considerato uno dei primi elaboratori del discorso teologico-morale autonomo.
Ciceroniano convinto e stilista raffinato, scrisse varie opere, tra le quali le Divinae institutiones, un trattato di filosofia cristiana. Quest’opera, scritta tra il 304 e il 313, è soprattutto un vero trattato di morale, con cui stabilisce le basi filosofiche della morale delle virtù, il bene supremo, la saggezza, le relazioni di giustizia e di religione.
Questi elementi, però, non sono originali, dal momento che la maggior parte è ispirata a Cicerone (106-43 a.C.). Tuttavia Lattanzio li ha adattati alla fede, trasformando la filosofia morale ciceroniana in teologia morale cristiana. I suoi temi preferiti sono: l’interiorità dell’atto morale, la libertà religiosa, l’esigenza morale della religione, la non violenza.

6. Le scuole teologiche del III e IV secolo

Se il II secolo è il secolo della difesa della dottrina cristiana dagli attacchi esterni e dagli eretici, il III secolo è il secolo del catecumenato. E’ necessario che i convertiti ricevano una buona formazione cristiana.
A partire dal II secolo la riflessione teologica si organizza in scuole teologiche, luoghi di educazione cristiana per i catecumeni. In esse vengono formati i teologi e in esse si trasmettono i contenuti della fede. Esse sono importanti anche per la storia della morale.
La scuola alessandrina. Ha sede ad Alessandria di Egitto. In essa si predilige la filosofia platonica e si favorisce un’interpretazione della Sacra Scrittura di carattere allegorico. I principali partecipanti sono: Panteno, il fondatore, Clemente, Origene Atanasio.
La città di Alessandria sorta con aspirazioni intellettuali e universali all’epoca di Alessandro Magno (356-323) e dei Tolomei, ebbe una numerosa comunità ebraica la quale aveva inculturato la propria fede nell’ellenismo con Filone (20 a.C.-50 d.C.), vide sorgere anche una potente comunità cristiana influenzata soprattutto dal giudaismo e della’ellenismo.
La scuola di Antiochia. Fu fondata da Luciano di Samosata (m. 312) in opposizione al metodo allegorico di Origene. Ebbe un orientamento più razionale nell’interpretazione della Scrittura. Ebbe umili esordi e conobbe il suo momento di splendore con Diodoro di Tarso, maestro di Giovanni Crisostomo. L’esponete più estremista fu senz’altro Teodoro di Mopsuestia. Il fondatore fu l’eretico Ario.
La scuola di Cesarea di Palestina. Fu fondata da Origene costretto a fuggire da Alessandria nel 232. Si distinse per l’attaccamento al suo fondatore, conservando la sua dottrina e la sua biblioteca. Tra i componenti della suola vanno ricordati: Gregorio il taumaturgo, Eusebio di Cesarea. Subirono l’influsso di questa scuola soprattutto i Cappadoci.

7. Clemente Alessandrino (ca 150-215)

Scrittore appartenente alla scuola di Alessandria. Uno degli scrittori più importanti del cristianesimo primitivo. Nacque ad Atene nel 150 circa, da genitori greci.
Fu da giovani iniziato ai misteri di Eleusi, si convertì presto al cristianesimo. Per ascoltare i maestri cristiani più celebri viaggiò molto. Fu in Italia, in Siria e in Palestina. Ad Alessandria incontrò Panteno, fondatore della scuola teologica di quella città. Da discepolo poi, diventò maestro della scuola. Costretto a fuggire da Alessandria, muore in Cappadocia intorno al 215.
A lui si deve il tentativo di instaurare un primo dialogo tra fede e cultura. Fu uno dei primi moralisti della cristianità.
Le sue opere principali sono: Protreptico, una specie di apologia del cristianesimo; Pedagogo, un manuale di istruzione cristiana; Stromata, miscellanea di temi cristiani. Inoltre l’omelia su Mc 10,17-31.
Le sue opere possono essere considerate come un primo tentativo di sistemazione della morale cristiana. La sua riflessione morale è fortemente cristocentrica. In Cristo si trova la fonte della morale. Egli non è solo il maestro e il pedagogo del cammino, ma anche il modello della perfezione cristiana. Espone i precetti e le esigenze della vita cristiana in funzione dell’obiettivo dell’imitazione di Cristo.
I temi trattati sono: la morale matrimoniale e familiare, in cui difende la bontà del matrimonio e propone una mistica cristiana coniugale e familiare; la morale economica, in cui le esigenze del Vangelo sono adattate alle condizioni della realtà umana.
Le impostazioni e le soluzioni sono di notevole equanimità, molto lontane dal radicalismo e dal rigorismo dei teologi africani, specialmente sul tema della moda, degli ornamenti e della cura del corpo.
Clemente è importante per la storia della teologia morale non solo per i contenuti morali che sviluppa, ma soprattutto per aver tentato una sintesi tra sapienza ellenica e ideale cristiano. Egli costituisce una pietra miliare e un paradigma nel processo di inculturazione della morale cristiana.
Nei suoi scritti è evidente l’influsso del platonismo e dello stoicismo.

8. Origene (m. 253 o 254)

Genio della Chiesa e dell’umanità. Di famiglia cristiana benestante, nasce ad Alessandria nel 185. Il padre Leonida subisce il martirio e i beni patrimoniali vengono confiscati. Origene è il maggiore di sette fratelli. Viaggia a Roma, in Arabia, in Palestina. Tornato ad Alessandria viene accusato e cacciato dalla scuola. Va ad abitare a Cesarea di Palestina. Qui fonda la cosiddetta scuola di Cesarea, alla quale dona la sua biblioteca composta di duemila opere.
Elabora una moltitudine di studi, era capace di dettare a vari segretari contemporaneamente. La sua opera principale, Sui principi, è una vera e propria summa del pensiero cristiano. I primi due libri trattano di Dio e del mondo creato; il terzo parla dell’uomo, della libertà umana e dell’uso che dobbiamo farne al cospetto della tentazione; il quarto tratta della Scrittura, della sua ispirazione e interpretazione. A duecento anni da Cristo e a duecento da Agostini, Origene porta la teologia alla sua piena misura.
L’opera di Origene ha subito durante la sua vita e dopo la sua morte, interpretazioni molteplici. Avversari e ammiratori hanno gareggiato nello stravolgere il suo pensiero.
Benché non abbia scritto trattati espliciti sulla riflessione morale, la dottrina di Origene offre materiale abbondante per la trattazione di molti temi morali: le virtù, il peccato e così via.

9. I Padri greci del secolo IV e V

I secoli IV e V costituiscono l’epoca d’oro della morale patristica, sia greca che latina. Tre fatti fondamentali contraddistinguono le tendenze del cristianesimo
- L’estensione del cristianesimo: si estende sono solo all’interno dell’Impero, ma anche all’esterno: Persia, Armenia, Arabia, Etiopia e Germania. La cristianizzazione dell’impero romano porta con sé una legislazione «cristiana». Per esempio la celebrazione del giorno del Signore (domenica) diventa, per legge nel 325, un giorno di festa civile.
- La fioritura del monachesimo come opzione e ideale di vita cristiana. Il modello di «monaco» succede a quello di «martire». Si noti che a maggior parte dei senti Padri, almeno per un periodo della loro vita, hanno praticato il monachesimo.
- L’apparizione, sia in oriente che in occidente, di grandi personalità che assumono la direzione della vita della chiesa.
Questi tre fattori influenzano molto migliora di molto l’elaborazione della morale cristiana che diventa anche la morale della società civile. I padri del resto utilizzano la filosofia e la cultura greco-romana (stoicismo, platonismo) per veicolare, giustificare, esporre e sviluppare l’elaborazione del pensiero morale cristiano.
Esporrò ora brevemente la dottrina di alcuni Padri greci poi parlerà di alcuni dei latini.

10. Atanasio (295-372)

La chiesa latina considera Sant’Atanasio uno dei grandi Padri greci, difensore instancabile della divinità di Cristo contro l’eresia ariana. Uomo di azione più che di pensiero.
Partecipò al concilio di Nicea come segretario del suo vescovo Sant’Alessandro di Alessandria (325). Nel 328 divenne vescovo di Alessandria. Il suo servizio episcopale durò ben 45 anni.
Per la sua lotta indefessa contro le eresia ebbe a subire esili e persecuzioni. Morì nel 372.
Per al storia della morale, va segnalata, oltre al suo trattato Sulla Verginità, la Vita di Sant’Antonio, che costituisce un documento importante del monachesimo primitivo e in cui compaiono le impostazioni della morale del monachesimo soprattutto per quanto riguarda il mondo delle tentazioni e il modo di combatterle.

11. San Basilio Magno (330-379)

Tra i Padri della chiesa del IV secolo più in vista nell’oriente cristiano vanno menzionati quelli della Cappodocia e cioè: Basilio il grande, suo fratello Gregorio di Nissa e il suo amico Gregorio di Nazianzio.
S. Basilio il Grande (m. 379), vescovo di Cesarea, è soprattutto un uomo d'azione, preoccupato dell'aspetto pratico, morale del messaggio evangelico, diversamente dagli altri padri greci che si interessano in primo luogo del suo aspetto metafisico. Nelle sue Regole morali Basilio descrive i doveri generali dei cristiani, che esorta ad una vita ascetica, e pone i fondamenti della legislazione monastica orientale rispondendo alle questioni pratiche dei monaci. Nello scritto Esortazione ai giovani sulla maniera di trarre profitto dalle Lettere elleniche risolve la questione del rapporto tra la letteratura classica greca c il cristianesimo, facendo concordare l'ideale morale dell'ellenismo e la sua dottrina sulla virtù con l'idea della grazia divina, considerata come dono di Dio.
Nei suoi Commentari della Scrittura, soprattutto dei Salmi, propone le leggi della vita cristiana insistendo sull'umiltà e sul digiuno c biasimando vizi come l'ira, l'avarizia e l'ubriachezza. S. Basilio si è segnalato inoltre per il suo insegnamento sociale. In un mondo nel quale i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, egli ricorda il dovere assoluto dell'elemosina: il ricco non è il proprietario delle proprie ricchezze bensì l'amministratore delle ricchezze dei poveri. Lo stesso Basilio organizzerà servizi di carità per i miserabili nella sua «casa dei poveri».

12. S. Gregorio di Nissa (m. 394)

Fratello di San Basilio, è dotato di eccezionali doti filosofiche, che impiega per l’interpretazione mistica del cristianesimo. Fu il padre del misticismo ma non trascurò la morale, il cui fondamento pone nel concetto di uomo come immagine di Dio. Di conseguenza vivere moralmente significa essere sempre in movimento verso la realizzazione in se stessi di questa immagine nelle diverse condizioni della vita, per es. nella verginità, nonostante che fosse sposato. Fu eletto vescovo di Nissa, una sorte di decanato rurale. Insiste anch’egli sull'amore verso i poveri e sull'elemosina, condannando l'usura come una calamità sociale.

13. S. Gregorio di Nazianzo (m. 390)

Amico di Basilio fin dalla giovinezza. Studiano insieme ad Atene e subisce il fascino del suo conterraneo. Di estrazione aristocratica come Basilio, fu sacerdote a Nazianzo dove è vescovo suo padre. Fu patriarca di Costantinopoli. Fu grande oratore tanto da meritarsi l’appellativo di Demostene cristiano. Riserva alla morale la stessa importanza degli altri Cappadoci.

14. La scuola di Antiochia

Altra scuola importante fu quella d'Antiochia, il cui maggior rappresentante fu S. Giovanni Crisostomo (m. 407), patriarca di Costantinopoli, ma conosciuto soprattutto come prete ad Antiochia, centro della sua splendida predicazione. La maggior parte della sua opera è costituita dalle Omelie, che commentano quasi tutto l'AT e il NT. Alla luce delle regole della sobria esegesi antiochena Giovanni Crisostomo scopre il senso spirituale della Scrittura, situa le dottrine stoiche e platoniche in un contesto cristiano e ne dà le applicazioni immediate e pratiche.
Questo autore è prima di tutto un moralista; suo scopo e promuovere il bene morale dei suoi uditori elettori. Temi preferiti del suo insegnamento morale sono i vizi e le virtù. Al primo posto della vita virtuosa egli pone l'amore di Dio e del prossimo, assegnando un luogo privilegiato all'amicizia. Condanna vizi come la vanagloria, la lussuria, la gozzoviglia; mette in guardia dalle occasioni di peccato come gli spettacoli del circo e del teatro, «assemblee di Satana». Nessuno come lui ha profuso tanto impegno nella promozione della giustizia e richiamato con tanta forza l'obbligo dell'elemosina. In alcune opere definisce i doveri morali delle diverse condizioni umane: il trattato Sul sacerdozio è «uno dei più preziosi tesori della letteratura patristica»; il trattato Sulla verginità gli ha meritato il titolo di apostolo di questa forma di vita; monaco lui stesso, canta la lode del monachesimo. Nel matrimonio vede una unione indissolubile fondata sull'amore reciproco e sulla legge divina. Sottolinea pure la necessità della educazione dei figli (è il titolo di un'altra sua opera). Si interessa della politica mostrando l'origine divina del potere ma anche le condizioni umane e morali del suo esercizio.

15. San Cirillo di Gerusalemme (313-387)

Nacque a Gerusalemme nel 313. Fu dapprima monaco e poi vescovo di Gerusalemme dal 348. Difensore strenuo della fede contro l’arianesimo, fu più volte esiliato. Non ebbe un grande influsso dottrinale nelle controversie trinitarie. Fu un grande interprete della tradizione.
La sua opera principale Le Catechesi è una esposizione semplice e popolare dei contenuti della fede
L’esortazione morale integra sempre l’insegnamento dottrinale in quanto il suo metodo è sempre didattico.
La Catechesi sono 24 precedute da una pro catechesi. Diciotto son rivolte ai catecumeni prossimi al battesimo, 5, chiamate mistagogie, sono rivolte ai neofiti nella settimana di pasqua e trattano dei sacramenti dell’iniziazione ricevuti la notte di pasqua.

16. I Padri latini del sec. IV-VII

I Padri latini presentano caratteri molto meno speculativi e sistematici di quelli dell’oriente. Sono però più interessati ai problemi sociale e morali.
La poca attenzione alla speculazione contribuisce al notevole ritardo con cui nella teologia occidentale nasce un’antropologia sistematica, che alla luce di un’antropologia complessiva rifletta sull’essenza dell’uomo, sulla sua posizione di fronte al Creatore, sulla sua prassi e sui suoi atti.
L’interesse, invece, è rivolto più verso i filosofi, per meglio risolvere le questioni morali pratiche.

17. Ambrogio di Milano (338-397)

E’ uno dei quattro grandi Padri della chiesa d’occidente. Nacque a Treviri probabilmente nel 338 da un’illustre famiglia romana. Mortogli il padre, che era cristiano, si trasferisce con la madre, la sorella Marcellina e il fratello Satiro a Roma, dove ebbe un’accurata formazione umanistica. Studiò diritto e per un tempo esercitò l’avvocatura.
Fu governatore della Liguria e dell’Emilia ma risiedeva a Milano. Il 7 dicembre del 374 fu ordinato vescovo di Milano, dopo essere stato battezzato cresimato e ordinato sacerdote. Con l’impegno dell’episcopato portò avanti la sua formazione teologica. Ebbe un enorme influsso politico.
Nei suoi scritti di riflette la sua intensa attività pastorale. L’opera che più ha influenzato il pensiero morale è senz’altro il De officiis (sui doveri) che più tardi diventerà ministro rum perché tratta primariamente dei doveri dei ministri sacri. Sia il titolo che il contenuto richiamano l’omonima opera di Cicerone, di cui Ambrogio era un ottimo conoscitore.
La moralità per Ambrogio è l’amalgama tra l’onesto e l’utile. Utilizza sovente lo schema delle virtù cardinali. Tra le opere esegetiche va segnalata per la storia della morale sociale, De Nabuthe, commento dettagliato del cap. 21 del I libro dei Re. In questo testo viene paragonato l’oppressione sofferta dal povero Nabot con la situazione sociale e politica del suo tempo.
Affermazioni di quest’opera sono state riprese dall’enciclica di Paolo VI Populorum progressio, specialmente sul tema della proprietà privata e la destinazione unversale dei beni.

18. Girolamo (347-419)

Nacque a Stridone tra la Dalmazia e la Pannonia nel 347. Visse soprattutto a Roma e in Palestina. Conoscitore straordinario del latino, traduce in questa lingua la Sacra Scrittura e testi patristici. Dotato di carattere forte, ebbe doti polemici.
Per la storia della morale sono interessanti le Lettere. Trattano in forma monografica i temi della verginità, della vedovanza, della vita monastica, della vita clericale e dell’educazione dei giovani.
Principale ispiratore della proposta morale di Girolamo è Origene. Dai filosofi antichi mutua la struttura dell’anima, la virtù in genere e le quattro virtù cardinali. Ma la vera sapienza di Girolamo e quella biblica. E’ la Bibbia la vera maestra di morale e di spiritualità di Girolamo.
L’ascetismo raccomandato a Girolamo si concretizza nella vita religiosa, di cui fu un fervido difensore. Egli concepisce che il chiamato da Dio sia pronto a sacrificare quel che ha di più caro. Perciò raccomanda l’amore alla solitudine e al ritiro, la vita comune, l’austerità nel vestire e nel mangiare, la preghiera continua, lo studio della Bibbia.
Insiste sull’obbedienza, che è come la garanzia della veracità delle altre virtù. E’ virtù opposta alla superbia e quindi equivale all’umiltà.

19. Agostino di Ippona (354-430)

La più possente e sontuosa mediazione fra cristianesimo e platonismo anche per ciò che riguarda la riflessione morale, è stata operata da S. Agostino (354‑430), il Padre che ha esercitato il più profondo, vasto e duraturo influsso in tutta la morale cristiana seguente.
E' impossibile nei limiti del presente corso dare anche una visione sintetica della dottrina morale agostiniana; l'unica cosa che forse possiamo tentare di fare è semplicemente quella di vedere la piega che con Agostino prende la costruzione della domanda morale nel pensiero cristiano o, in altre parole, la modulazione originale con cui viene sviluppata
L'originalità di simile costruzione consiste nell'aver collocato il problema morale, il problema del retto agire, nel problema del rapporto fra Pensato (legge) e vissuto, fra Bene e storia sia personale che universale. L'impianto neoplatonico del suo pensiero lo portava a questa formulazione del problema morale come problema di «elevazione al di sopra delle faccende feriali» come sforzo di adeguare il vissuto al pensato, l'agire alla legge ideale.
All'interno di questo modo di costruire la domanda morale Agostino elabora alcune categorie concettuali che da lui iniziano la loro storia mai più finita nella riflessione elica cristiana. Esse mi sembrano soprattutto due: legge eterna ‑ coscienza morale: non si tratta, specie per la seconda (atteso il discorso origeniano in merito) di creazioni ex nihilo del pensiero agostiniano, ma dall'elaborazione agostiniana escono con un volto nuovo, con una nuova carta d'identità ed è con questa che entrano nella tradizione cristiana.
La legge eterna viene da Agostino intesa come il divino pensato e pertanto il bene come tale cui tutte le cose e l'uomo devono conformarsi; l'impalcatura concettuale di simile discorso ha perso contatto con la concezione che di legge naturale aveva elaborato il diritto romano, concezione nata da precise esigenze giuridiche, cioè storiche, per radicarsi unicamente nel neoplatonismo colla conseguenza che larghe falde del vissuto dovranno essere defalcate.
Si pensi alle conseguenze di simile impostazione nel campo della morale matrimoniale agostiniana.
La coscienza, atteso lo «psicocentrismo» del discorso agostiniano e la sua tendenza ad esigere l'introspezione al centro stesso della sapienza, diviene un punto focale del discorso etico: è forse con Agostino che il discorso etico cristiano fa della riflessione sulla coscienza un tema‑chiave. La coscienza è ormai vista come il luogo della presenza del Bene all'uomo e l'ascesa di questi verso di Esso coincide con un processo di progressiva interiorizzazione ed ascolto della coscienza.
Dentro la comunità cristiana ormai il problema morale si porrà in questi termini: come conformare il vissuto umano al pensato divino? (problema del rapporto tra Bene e storia).

20. Leone Magno (400-461)

Nacque a Volterra, ma risiedette quasi sempre a Roma. Da bambini assistette all’invasione di Roma da parte delle truppe di Alarico (410).
Consacrato vescovo di Roma nel 440, in un’epoca di disgregazione politica in Occidente, Leone I si concentrò sulla creazione di un potente governo centrale nella chiesa e sulla soppressione sell’eresia. Ebbe una enorme influenza. Convocò un sidono di vescovi a Milano, la sede vescovile più potente dopo quella di Roma. Seppe convincere, nel 452, l’unno Attila a non invadere Roma. Tre anni dopo, pur non potendo impedire il sacco di Roma da parte del vandalo Genserico, riuscì ad evitare il massacro dei cittadini.
Leone ebbe anche una influsso enorme sulla chiesa d’oriente. Il suo più grande successo fu il concilio i Calcedonia (451), convocato per condannare l’eresia del monaco bizantino Eutiche, che affermava la sola natura divina in Cristo (monofisismo), negandone la natura umana. La definizione delle due nature (divina e umana) di Cristo formulata dal nostro nel Tomus ad Flavianus (449), lettera dottrinale inviata al patriarca di Costantinopoli, venne approvata dal concilio con le famose parole: «Pietro ha parlato per bocca di Leone».
Di Leone I restano Sermoni e Lettere: dalle une traspare il suo governo, dalle altre la sua personalità religiosa. La sua visione di cristianesimo è: fede nell’opera misericordiosa di Dio manifestata in Cristo, che esige una condotta coerente con la grazia ricevuta.
La sua morale: è la via della perfezione tracciata della fede, da raggiungere attraverso la buona condotta. L’impegno morale si basa sulla rivelazione misericordiosa di Dio, si incanala attraverso la ricerca della somiglianza divina, si concretizza nell’identificazione con Cristo e si manifesta nelle opere di bontà.

21. Cesario di Arles (470-543)

Entrato giovanissimo nel monastero di Lerin, fu allievo di Giuliano Pomerio. Divenne vescovo di Arles nel 502 e dal 514 fu primate della Gallia e della Spagna. Morì nel 543.
Fu un predicatore assiduo ed efficace. Scrisse numerose opere. Si ricordano: un trattato sull’Apocalisse, Sulla Trinità, Sulla grazia. Combatte efficacemente l’eresia ariana e quella pelagiana.
Abbiamo però I Sermoni giuntici in numero di 238 che offrono un interessante quadro del suo animo e della società dell’epoca. In uno stile particolarmente dimesso, ma non trascurato, voluto per venire incontro alle esigenze dei fedeli meno colti, offre spunti di riflessioni a preti e monaci, commenta testi biblici e illustra feste liturgiche. Si ispira molto ad Agostino.
Cesario non è un teologo morale propriamente detto, ma un pastore che cerca di correggere i comportamenti dei suoi fedeli. La dottrina esposta nei suoi Sermoni costituisce la transizione tra il periodo della patristica e quello del Libri penitenziali. L’influenza di Cesario sulla disciplina ecclesiastica è stata enorme: rappresenta un anello di congiunzione tra due epoche.
I temi di morale da lui più sviluppati sono temi di morale sessuale. Esorta i giovani a preservare la verginità prima del matrimonio e i coniugi a serbare la fedeltà coniugale. Condanna l’adulterio sia dell’uomo che della donna, opponendosi all’abituale severità contro le donne e al lassismo nei confronti degli uomini.
Sostiene che, se anche autorizzato dalla legge civile, il concubinato è peggiore dell’adulterio. Per prevenire simili vizi è necessario fuggire dalle conversazioni lascive e dagli eccessi di cibo. I chierici, anche se sposati, devono evitare la vicinanza con donne estranee. Le vergini devono essere caste nel corpo e nel cuore. Le religiose eviteranno ogni sguardo al volto degli uomini e ogni compiacenza nel tono della voce, inclusa quella del lettore.

22. Gregorio Magno (540-604)

Gregorio è considerato l’ultimo Padre della Chiesa e il primo scrittore medioevale. Nato a Roma nel 540, dopo essere stato prefetto di Roma, si fece monaco nel monastero sul Celio, oggi a lui dedicato. Dopo essere stato nunzio a Costantinopoli, fu eletto nel 590 vescovo di Roma.
Fornito di grande buon senso, autentico genio pratico, esercitò magnificamente l’arte del governo: con la rettitudine e la discrezione. Seppe farsi amare dalla maggioranza.
Nell’animo di Gregorio convivono due mondi: uno che finisce e l’altro che comincia. Ha saputo dare impulso all’azione pastorale in tutta la chiesa. E’ stato il grande restauratore della disciplina canonica.
Tra le sue opere ricordiamo la Regola pastorale. Scritto di grande importanza per il tutto il medioevo. I Moralia, commento al libro di Giobbe. Gregorio è stato l’autore più citato nei secoli successivi. San Tommaso se ne serve moltissimo nella sua Summa.
Da autentico romano, orientato principalmente verso i dati pratici della vita cristiana, è preoccupato di cercare e trovare nella Scrittura gli esempi per la vita morale e di esporne minutamente e imperativamente i singoli precetti e consigli. Egli infatti è sicuro che la Scrittura, come parola di Dio, oltre al senso letterale e allegorico, abbia anche sempre un senso morale che va scoperto ed esposto.

23. Altri padri greci e latini

Massimo il Confessore (579-662). Teologo che fa da ponte tra oriente ed occidente. Oltre alla sua ricerca teologica trinitaria e cristologica, è importante la sua teoria sul contributo che la fede può dare alla realizzazione umana: la fede divinizza l’uomo. Per l’insegnamento morale va ricordato la sua teologia della legge, tanto quella naturale che quella formulata dagli uomini e soprattutto la legge della grazia.

Giovanni Damasceno (m. 749). E’ uno dei primi teologi a dialogare con l’islam. A Damasco, città natale, succede a suo padre come ministro delle finanze del califfo. Dopo varie esperienze negative vende tutti i suoi beni dà il ricavato ai poveri e si fa monaco nel monastero di San Saba, presso Gerico.
Il Damasceno occupa un posto di rilievo nella riflessione teologico-morale: l’uomo, creato ad immagine di Dio è il soggetto della morale cristiana. Tale orientamento antropologico è divenuto una costante della teologia morale

Vanno anche ricordati: Eusebio di Cesarea, storico della chiesa (265-340), Ilario di Poitiers (315-365), l’Atanasio d’Occidente, Martino di Braga (M. 580) e Isidoro di Siviglia (562-636).

24. Bilancio conclusivo

La teologia patristica costituisce uno dei momenti privilegiati della morale cristiana, dal punto di vista della sua vita e della sua riflessione. Lo stile di vita cristiano riceve le sua configurazione definitiva nei primi secoli della chiesa. Da parte sua la riflessione teologico-morale ha inizio con gli scritti di quest’epoca.
L’importanza della teologia patristica risulta evidente nei seguneti punti:
- La vita della chiesa primitiva e gli scritti dei Padri sono tra gli elementi più significativi della tradizione ecclesiale, luogo normativo ed epistemologico per la vita cristiana e per la riflessione teologica. Dice il Vaticano II: «le asserzioni dei santi Padri attestano la vivificante presenza di questa tradizione le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della chiesa che crede e che prega» (DV n. 8).
- In epoca patristica si realizza la prima grande inculturazione della morale. Avendo come contesto la morale dell’Antico Testamento e del periodo intertestamentario e nata direttamente dalla prassi e dall’insegnamento di Gesù, la morale cristiana si radica nella società greco-romana e nella cultura ellenistica. Se nei primi scritti è più forte l’influsso dell’ebraismo, a partire dal III secolo si passa dal contesto ebraico all’universo mentale dell’ellenismo. L’influsso dello stoicismo, nella morale patristica, è evidente in categorie etiche come quella della "legge naturale".
- La patristica non è solo testimonianza di un momento storico della formulazione della morale cristiana, ma anche una pietra miliare da considerare come espressione paradigmatica della dimensione morale della fede. Bisogna sempre tornare allo spirito della morale patristica: per derivare il comportamento morale dalla confessione di fede in Dio Padre, in Cristo Verbo incarnato e nello Spirito. Per comprendere la morale cristiana nella sua indissolubile articolazione con i sacramenti, la liturgia, la spiritualità. Per proporre un’elevazione continua dell’ideale della perfezione umana. Per mantenere in vita l’opzione cristiana a favore della dignità e della dignificazione della persona, soprattutto negli individui e nei gruppi più deboli della società.
- «La teologia morale dei Padri è una teologia della perfezione, che indica il fine al quale è necessario giungere: la virtù soprattutto la carità. E’ ispirata in primo luogo alla Scrittura, ma usa anche i grandi sistemi morali dello stoicismo e del platonismo, ai quali conferisce un colore evangelico. L’insegnamento morale è incluso nei casi pratici. Infine, la teologia morale dei Padri non è affatto influenzata dalla pratica della pubblica penitenza» (Vereecke).

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