domenica 20 aprile 2008

La carità di Dio in noi (2)

1.3 Carità è comunione

Riflesso dell'amore dello Spirito Santo, la carità è comunione. Lo Spirito è la comunione che procede dall’amore che si dona del Padre e l’amore che accoglie del Figlio. Egli è l'amore donato dal Padre e ricevuto dal Figlio e che li unisce nella reciprocità e comunità del «noi» trinitario. Nello Spirito l'amore è comunione cioè vincolo di eterna unità.
Il cristiano, partecipe per il dono dello Spirito all'amore trinitaria, ne riflette la dinamica di comunione[1].
L'uomo amando entra nel dinamismo di donare e ricevere. Donazione e accoglienza sono tutt'uno nella carità e creano relazione di reciprocità, aprono, cioè, la libertà in quella comunione significata dal donare e ricevere[2].
Immagine dello Spirito Santo, la carità riflette la reciprocità dell'amante e dell'amato nell'unità dell'amore. Ne segue che nel cristiano la carità donante del Padre e accogliente del Figlio diviene carità comunione dello Spirito.
Si tratta dell’apertura dell'«io» al «tu» nel «noi» dell'amore[3].
La carità dello Spirito spezza, nel cristiano, ogni chiusura narcisistica e apre l'intersoggettività alla socialità.
Nella comunione e nella comunità dell'amore donato e accolto, la persona realizza se stessa. L'amore di comunione è, poi, il più personalizzante, perché non è fusione annientatrice delle individualità personali, ma comunione che integra le differenze.
Immagine dell'amore trinitario, la carità apre la libertà del cristiano alla donazione del Padre, all'accoglienza del Figlio e alla comunione dello Spirito Santo, liberandolo dall'egoismo, dall'orgoglio e dalla divisione del peccato.
La carità contesta l'orgoglio della propria libertà centrata su di sé, che si chiude nell'indifferenza e nella sfiducia. La comunione di carità libera dalla divisione provocata dal rifiuto egoistico e orgoglioso di amare, per il quale l'incomunicabilità, la conflittualità e la dispersione condizionano le relazioni umane.
Il peccato contro la carità è il rifiuto di donare, di accogliere, di comunicare. Rifiuto di amare a Dio, rifiuto di amare l'uomo e, insieme, a Dio rifiuto interessato e diffidente dell'altro.
Ogni peccato contro l'amore dell'uomo è peccato contro Dio, perché una sola è la carità con cui amiamo Dio e l'uomo, e teologale è tutta la carità nel suo duplice indirizzo.

2. Amore «come» e «perché» Cristo

La carità che riproduce l'amore delle divine persone attinge la forma dalla vita proesistente di Cristo Gesù. «Non dalla nostra esperienza lasciata a se stessa comprendiamo che cosa sia il vero amore, ma dalla memoria di Gesù »[4].
L'amare non è esclusivo del cristiano. Ogni amore vero riflette, però, l'amore divino, ne porta le tracce.
L'amore cristiano vero è quello modellato su Cristo[5].
Egli è il testimone della carità di Dio. A lui il cristiano attinge lo specifico cristiano dell'amore. In lui il comandamento antico, ricevuto fin dal principio, diventa nuovo (cf 1Gv 2,7‑8). Antico è il comandamento dell'amore di Dio (cf Dt 6,5) come dell'amore del prossimo (cf Lv 19,18). Gesù li unisce nell'unico comandamento della carità.
In Gesù questo comandamento diventa nuovo, perché espressione dell'amore di Dio che irrompe nella sua persona permeando i nostri amori. «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come e perché io vi ho amato così amatevi voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).
Il nuovo e lo specifico cristiano dell'amore consiste nel come e nel perché della carità di Cristo[6].
Ho già notato che l'avverbio greco katòs significa sia l’esemplarità («come»), che la motivazione («perché»)[7].
L'amore in cui Gesù fa consistere il comandamento, è il punto terminale di un dinamismo che discende dall'amore (cf Gv 15,9‑17) che proviene da Dio (v. 9), si concentra su di lui (vv. 9.12) e si diffonde tra noi (vv. 12.17).
L'imperativo «amatevi gli uni gli altri» (vv. 12.17) scaturisce da un indicativo esemplare e fondante che lo precede: «come e perché il Padre ha amato me» (v. 9), «come e perché io ho amato voi» (vv. 9.12).
La carità ha in noi la forma e l'esigenza dell'amore di Dio e di Cristo.
L’esemplarità di Cristo, che modella e motiva la carità cristiana, riempie di amore di Dio e di Cristo il nostro amore fraterno.
In realtà, praticare l'amore fraterno come e perché Cristo è attuare tutta la carità.
Nella lettera agli Efesini Paolo deriva dalla carità esemplare di Cristo la fedeltà dell'amore, che compendia tutta la carità con la quale il cristiano deve operare: «camminate nella carità, come e perché Cristo vi ha amato, e ha dato se stesso a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5,2).
[1] FORTE B., Trinità come storia, op. cit., p. 176.
[2] Cf NEDONCELLE M., La réciprocité des consciences, Parigi 1942.
[3] DUQUOC C., Un Dio diverso, op. cit., p. 117.
[4] MAGGIONI B., Amatevi come io vi ho amato, op. cit., p. 161.
[5] Giovanni Paolo II, Enciclica Redemptor hominis, 9, in Ench. Vat., 6, 1193.
[6] Cf ALFARO J., Esistenza cristiana, op. cit., p. 191.
[7] Cf MAGGIONI B., Amatevi come io vi ho amato, op. cit., p. 161; WARNACH V., Amore, in Dizionario teologico, op. cit., vol. I, p. 54; ALFARO J., Esistenza cristiana, op. cit., p. 191; SCHLIER H., Per la vita cristiana, op. cit., pp. 87‑88.

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