domenica 6 aprile 2008

Quarta meditazione

3. Radice intratrinitaria della carità creatrice e salvifica

L'amore che Dio è in se stesso, nel suo essere trinitario, è la condizione di possibilità creativa e redentiva dell'uomo e del mondo a lui solidale. Perché Dio è in se stesso carità, può farsi carità oltre se stesso: estasi extratrinitaria d'amore[1].
«L'amore è l'essere di Dio non soltanto nell'eternità ma nel tempo, non soltanto nell'essenza inaccessibile della divinità ma nel suo irradiamento vivificante. L'amore di Dio per la sua creatura prolunga, iscrive nel tempo la pericoresi dell'amore trinitario»[2].
Sono effettivamente le relazioni d'amore intratrinitario a rendere possibile il costituirsi di relazioni d'amore tra Dio e le sue creature.
Nella sua libertà, Dio può aprirsi nella carità all'altro da sé: altro nella natura, di diversa sostanza. Il Padre può amare il Figlio oltre il Figlio, in un trabocco di carità che chiama all'esistenza nuove creature. L'amore generativo del Figlio diventa creativo dell'uomo: amore che dona la vita. L'amore paterno si fa creatore: agape che pone in essere chi ancora non è, costituendolo, nel Figlio, figlio del suo amore.
«L'amore con il quale Dio ama in modo creativo e sofferente il mondo non è un amore diverso da quello che egli è nell'eternità... La creazione è un brano della storia eterna tra il Padre e il Figlio. Essa è creata dall'amore del Padre per il Figlio e redenta dall'amore con il quale il Figlio risponde al Padre. La creazione esiste perché l'amore eterno si comunica creativamente all'altro da sé»[3].
Il dialogo eterno dell'amore donante del Padre e accogliente del Figlio è «il fondamento immanente della comunicazione di sé assolutamente libera e gratuita che Dio realizza creando il mondo e inviando il proprio Figlio fra gli uomini»[4].
La recettività accogliente del Figlio, «per mezzo del quale e in vista del quale tutto è stato creato» (Col 1,16) e «per opera del quale abbiamo la redenzione» (Col 1,14; cf Ef 1,7), consente l'accoglienza dell'amore che prende corpo nella creazione dell'uomo e nella vita nuova: mediante il Figlio il Padre si fa grazia per noi.
La vita di Gesù è la testimonianza di questo mistero della grazia divina. Egli è accoglienza creativa e redentiva dell'amore divino[5].
Lo Spirito è il «noi» dell'amore, in cui si compie il dialogo intratrinitario della carità del Padre e del Figlio. Egli è il dono dell'amore e il vincolo della comunione, in cui il Padre e il Figlio sono uniti nell'amore.
Lo Spirito è colui nel quale non solo si compie la pericoresi dell'amore trinitario, ma anche «colui che, in quanto personale sovrabbondanza dell'amore reciproco del Padre e del Figlio, presiede alle esteriori manifestazioni di tale amore... Potremmo dire che lo Spirito è il principio personale nel quale la comunione del Padre e del Figlio si compie e si espande comunicandosi in orizzonti di pienezza sempre nuovi e illimitati»[6].
Nella pericoresi trinitaria lo Spirito è l'amore di Dio che si comunica. E’ in lui, dunque, che oltrepassa l'amore di Dio, esternandosi nella creazione e nella storia. Nello Spirito Dio è «un Dio che si dona»[7].
E’ questo il motivo per cui la storia della salvezza e la tradizione cristiana attribuiscono allo Spirito l'agire di Dio nel mondo e nella storia[8].
Egli è «amore e dono (increato), da cui deriva, come da fonte viva, ogni elargizione nei riguardi delle creature (dono creato): la donazione dell'esistenza a tutte le cose mediante la creazione; la donazione della grazia agli uomini mediante l'intera economia della salvezza»[9].
Lo Spirito, dono e vincolo dell'amore eterno di Dio, rende presente nel mondo l'azione gratuita del Padre e del Figlio. Per il dono dello Spirito si rende visibile la signoria creatrice e la paternità universale di Dio, che dona l'esistenza a tutti gli uomini e consegna il proprio Figlio per la salvezza di tutti. Così come per il vincolo dello Spirito s'annodano la solidarietà universale dei figli di Dio e la comunione ecclesiale dei redenti in Cristo.
L'amore, che procede eternamente dal Padre al Figlio nello Spirito, s'effonde dal Padre per il Figlio nello Spirito sugli uomini[10].
E’ la libertà dell'amore trinitario che si rende creatrice e redentrice.[11]. La storia della salvezza ritma nel tempo il mistero eterno dell'amore e lo rivela.
[1] Cf VON BALTHASAR H.U., Theologie der drei Tage, Benziger Verlag, Einsiedeln 1969, p. 23. «Solo un Dio concepito come Agàpe, e solo un'Agàpe concepita come trinitaria può permettere di pensare un altro‑da‑Dio (la persona creata) che sia libero e che liberamente sia invitato ad entrare in comunione con Dio stesso nell'amore» (CODA P., Per un'ontologia trinitaria della carità, op. cit., p. 77).
[2] CLEMENT O., La charité comme don et révélation, op. cit., p. 127.
[3] MOLTMANN J., Trinità e Regno di Dio, op. cit., p. 70. Sulla sofferenza dell'amore di Dio cf Ivi, pp. 70‑71; FORTE B., Trinità come storia, op. cit., pp. 109‑110; CLEMENT O., La charité comme don et révélation, op. cit., pp. 127‑128.
[4] FORTE B., Trinità come storia, op. cit., p. 107. Cf anche MOLTMANN J., Trinità e Regno di Dio, op. cit., p. 181.
[5] Cf KASPER W., Il Dio di Gesù Cristo, op. cit., pp. 410.413‑414; FORTE B., Trinità come storia, op. cit., p. 107.
[6] BORDONI M., Gesù di Nazareth, op. cit., vol. II, p. 309.
[7] Cf KASPER W., Il Dio di Gesù Cristo, op. cit., p. 303.
[8] «Lo Spirito Santo è l'apertura della comunione divina a ciò che non è divino. È l'abitazione di Dio là dove Dio è, in un certo senso, fuori di se stesso. Per questo fu chiamato "amore". È l'estasi di Dio verso il suo "altro": la creatura» (DUQUOC C., Un Dio diverso, op. cit., p. 117).
[9] Dominum et vivificantem, 10, in Ench. Vat. 10, 473.
[10] KASPER W., Il Dio di Gesù Cristo, op. cit., p. 303.
[11] Ivi, p. 413.

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