lunedì 14 aprile 2008

Quinta meditazione

2.3 Dall'amore per Dio l'amore per i figli di Dio

Abbiamo visto come per Giovanni l'amore effettivo per l'uomo è prova del nostro amore per Dio (Gv 4,12). La formula ricorrente nella Prima lettera di Giovanni, «da questo conosciamo che...», serve a indicare un criterio esteriore: l'amore fraterno, per conoscere una realtà trascendente e invisibile: l'amore di Dio.
La carità fraterna è, così, via alla carità di Dio!
Per il cristiano che si rapporta a Dio e vive nella comunione d'amore con lui, questo amore è criterio dell'amore del prossimo: «Da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti» (1Gv 5,2).[1].
Il movimento è discendente: centro sorgivo e veritativo è «la comunione col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1Gv 1,3).
E’ questa la condizione e la coscienza nuova dell'uomo «nato da Dio» (1Gv 5,1)[2].
«Dalla comunione con Dio, sgorga spontaneamente la carità verso tutti i figli di Dio, dato che "l'amore è da Dio" (1Gv 4,7)»[3].
Il cristiano, che vive in questa prospettiva, non ha bisogno di prove ulteriori, di appellarsi alle esperienze dal basso: egli ha per la fede «la testimonianza di Dio stesso» (1Gv 5,10). «E la testimonianza è questa: Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio» (1Gv 5,11).
E’ questo il senso della teologia di Giovanni (cf 1Gv 5,2)![4].

2.4 L'indivisa carità di Cristo e in Cristo

Un solo amore per Dio e per i figli: quello di Cristo, che ama il Padre nell'autodonazione a noi e ama noi come offerta sacrificale al Padre.
Gesù è il testimone della carità cui anche noi siamo chiamati: «Camminate nella carità nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi offrendosi a Dio in sacrificio» (Ef 5,2).
Gesù è fedele al Padre nel compiendo la sua volontà. La fedeltà all'uomo è l'espressione dell'amore di Gesù al Padre[5]. Camminare nella carità «nel modo» di Cristo è vivere l'amore per il prossimo come offerta sacrificale a Dio.
Una sola carità in Cristo, perché egli è il centro della nostra carità[6].
La carità ci spinge ad amare Cristo, oggetto unico della carità, dal momento che Cristo è capo della creazione (cf Col 1,16‑17; Ef 1,10; 2,22; 1Cor 15,24‑28; Eb 2,8) e tutti gli uomini sono relazionati a lui (cf Rm 5,17‑18), e più ancora è capo della Chiesa (cf Col 1,18; Ef 1,22; 5,23), nella quale ha unito a sé i redenti come le membra al capo in uno stesso corpo (cf Ef 1,23; 3,30; 1Cor 12,12; Rm 12,4‑5).
Amare Cristo è amare il Cristo totale: capo e membra. Amando il capo non posso non amare le membra e viceversa[7].
Compaginati a Cristo, come le membra di uno stesso corpo con il capo, quando noi amiamo è Cristo che ama ed è Cristo ad essere amato[8].
Cristo è insieme soggetto e oggetto di un medesimo amore: amante e amato. In me ama Cristo e Cristo è amato da me. Una sola carità, dunque, perché la carità di Cristo in me è comunque amore di Cristo.
[1] DE LA POTTERIE I., L'amore di Dio, op. cit., p. 205.
[2] DE LA POTTERIE I., Ivi, p. 231; cf Ivi, pp. 195‑216.
[3] Ivi, pp. 212‑213.
[4] Ivi, p. 213; cf Ivi, pp. 202‑213.
[5] CF ALFARO J., Esistenza cristiana, op. cit., pp. 187‑188.
[6] LOCHET L., Charité fraternelle, op. cit., p. 128.
[7] Cf S. Agostino, In epistolam Joannis ad Parthos, X, 3; PL 35, 2053‑2062; cf Ivi, X 3; PL 35, 2055‑2056).
[8] Ivi, X, 3; PL 35, 2055.

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